Finding Happiness: impariamo a vivere la felicità

Dal 20 novembre in esclusiva a Roma, dal 27 novembre a Milano e Torino, “Finding Happiness” (Vivere la felicità), un film che ha già avuto notevole successo e riconoscimenti in varie parti del mondo (dal Festival Internazionale del cinema e Trascendenza a Brasilia, all’International Film Festival for Peace in Indonesia e allo Spirit Film Festival a Tel Aviv).

Girato nell’Ananda World Brotherhood Village in California, e nei villaggi Ananda in Italia e India, con le tecniche di Hollywood e la cinematografia dell’australiano Andy Strahorn, “Finding Happiness” vanta la presenza diElisabeth Rohm (“Angel”, “Law & Order”, “Heroes”, “American Hustle – L’apparenza inganna” di David O. Russell), in un ruolo difficile da dimenticare, alle prese con lo stesso viaggio intrapreso dallo spettatore.1185692 225844104240842 23296834 n Finding Happiness: impariamo a vivere la felicità

Diretta da Ted Nicolaou, la pellicola è stata prodotta da Roberto Bessi(“Modigliani” di Mick Davis, con Andy Garcia, “A Good Woman” di Mike Barker, con Helen Hunt, Scarlett Johansson e Tom Wilkinson; “Ladyhawk” di Richard Donner, interpretato da Michelle Pfeiffer) eFrank Hildebrand, produttore di film di successo come “The Tree of Life”,  vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes 2011, e produttore esecutivo di “Into The Wild.

Prodotto da Hansa Production Film, “Vivere la felicità” verrà distribuito in Italia dalla Bolero Film.

Vedere questo film può essere un’esperienza molto profonda… un viaggio mistico alla scoperta della realizzazione del sé, del vero sé, lontani dallo stress e dalla velocità della città. Esiste veramente un mondo dove è possibile vivere in pace e gioia? Lo dovrà scoprire una giornalista Juliet Palmer (Elisabeth Rohm) recandosi in una comunità spirituale nel nord della California. Un viaggio di dovere che si trasformerà, pian piano, in un momento di evoluzione personale che le farà superare preconcetti e chiusure mentali…sentendo un piacere vivificante per mente corpo e spirito. Sembra un sogno? Se ci si lascia trasportare da questa esperienza si capisce quanto può essere vicina ad ognuno di noi e realizzabile.

1456792 233508026807783 524457065 n 342x237 Finding Happiness: impariamo a vivere la felicitàIl film permette di conoscere molte persone che vivono nella comunità, compreso Swami Kriyananda, e tutti lasciano un segno nello spettatore, un messaggio…dei valori spirituali che toccano il cuore e l’anima. Nei villaggi Ananda le persone riescono ad abbandonare l’ego per dare spazio alla condivisione profonda con il prossimo nel pieno rispetto di se stessi e dell’ambiente in cui vivono. La natura è una delle protagoniste del film, offrendo dei paesaggi mozzafiato, cullati sempre dalle dolci note della musica della spiritualità. I bambini sin da piccoli crescono imparando lo yoga e la meditazione, partendo dalle loro emozioni per arrivare allo sviluppo dell’intelletto, percorso che permetterà di scoprire i propri talenti ed inclinazioni.

Juliet inizierà ad amare questo modo di vivere straordinario e rivoluzionario per il mondo occidentale, sperimentando lei stessa lo yoga e la meditazione… quello che scoprirà sarà molto più di quello che poteva anche solo immaginare.

La straordinarietà del film è che niente è finzione ma è tutto reale, gli attori sono le persone che vivono nella comunità, non recitano ma con amore e spontaneità ci raccontano questa storia regalandoci momenti di pura gioia.

Cristina Dell’Omini

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Finding happiness, vivere la felicità

Il docufilm diretto da Ted Nicolau (in uscita il 20 novembre a Roma, il 27 a Milano e Torino), ci porta in viaggio nella comunità spirituale di Ananda
di Giulia Calligaro – 18 novembre 2014

Finding HappynessTra i colli umbri, in cima alla strada che da Assisi porta a Gualdo Tadino, esiste un luogo ad alto rischio di felicità: il suo nome è Ananda (che in sanscrito significa beatitudine), ed è una comunità spirituale che ha compiuto in Italia i suoi primi trent’anni di età. AnandaEuropa è una delle tre grandi utopie realizzate da Swami Kriyananda, allievo diretto di Paramhansa Yogananda, l’autore di Autobiografia di uno Yogi – a cui dobbiamo l’arrivo dello yoga in Occidente negli anni ’20 -, che credeva che questa forma di condivisione comunitaria, basata su uno stile di vita sostenibile e armonioso, fosse l’unico futuro percorribile a lato di quel crollo che lui prevedeva, e che noi stiamo vivendo sotto il nome di crisi globale. Kriyananda, al secolo Donald Walters, spese la sua vita per realizzare questi ideali: nel 1969 cominciò con l’Ananda World Brotherhood Village nel Nord della California, e proseguì poi con le comunità in India e in Italia come riferimento europeo, centri da cui poi si generarono altre cellule nel mondo. Ora il docufilm Finding Happiness, diretto da Ted Nicolau (in uscita il 20 novembre a Roma, il 27 a Milano e Torino), ultimo progetto di Kriyanada prima della scomparsa un anno e mezzo fa, ci porta dentro questa esperienza di gioia condivisa.

La storia mescola fiction e realtà: una giornalista investigativa, Juliet Palmer (l’attrice della serie Law & Order Elisabeth Roth) viene inviata all’Ananda Village dal magazine Profiles per raccontare soluzioni alternative di vita. E dal momento in cui vediamo allontanarsi i grattacieli e la corsa della città, tutto quello che accade diventa verità: vere sono le persone che Juliet incontra e che interpretano se stesse nel film, veri i loro racconti di vita naturale e di aiuto reciproco, tra permacultura, arte, yoga, forme di energia alternativa e una scuola innovativa che punta a esaltare il talento di ciascun bambino. Vere la condivisione, la tolleranza e l’ascolto su cui si fonda la convivenza nella Comunità. E vera e disarmante l’accoglienza che le fa lo stesso Swami. Vere al punto che non solo il personaggio fittizio cambierà il proprio punto di vista nel corso del film, iniziando a praticare yoga e meditazione e a rivedere le proprie finalità di vita: ma da lasciare la stessa attrice Elisabeth Roth folgorata dall’esperienza di benessere provata durante le riprese, al punto di iniziare poi a frequentare con regolarità il gruppo di Ananda.

“Il film nasce dalla volontà di condividere una grande esperienza con gli altri, e ad incoraggiarli a considerare altri modi di vivere. Noi pensiamo che questo film arrivi in un momento mondiale precario e che i suoi valori possano essere abbracciati anche da molta parte del pubblico”, testimonia Shivani Lucki, una delle fondatrici di Ananda e produttore esecutivo della pellicola, accanto ai produttori tout court Frank Hildebrand (per intenderci quello di The Tree of life, palma d’oro a Cannes) e Roberto Bessi (distribuzione Bolero). Il film, girato con tecniche hollywoodiane, è ambientato per lo più nella comunità americana, ma con interventi anche da Ananda India e Ananda Europa, la sede umbra. E in Italia sarà sottotitolato “Vivere la felicità”, a sottolineare ancor più la realizzabilità di questa ricerca. Cercare la felicità è infatti il fine cui ci educano le fiabe fin da bambini, l’età in cui pensiamo che questo sarà il normale svolgimento di ogni vita. Diventare adulti non è che accorgersi che questa fiaba ha un finale che dobbiamo invece scrivere noi, accettando che forse ci perderemo mille volte e cercheremo, come Juliet, in mille strade sbagliate prima di trovare la nostra.

Noi, dunque, abbiamo voluto provare l’esperienza della protagonista del film. E quando al risveglio, nel profilo pacificato della natura umbra, andava in onda con gran fragore di rossi lo spettacolo dell’alba, abbiamo seguito la comunità che si incamminava verso la cupola blu del Tempio di meditazione, senza spettinare il silenzio della notte. E a dar retta a quella sensazione di bene spanta sulle cose e che percepisci dentro gli sguardi, potresti dire che è davvero lì che abitano i finali lieti delle favole, lì la felicità. A conclusione della giornata, poi, su quegli stessi colli dove ci eravamo svegliati, quando i colori dell’alba si rovesciavano e si arroventavano in un tramonto mozzafiato, ci è parso di aver compreso questo: che in quella calma, dove finalmente ci si può fermare con ciò che veramente serve, che è molto meno e molto diverso da quello che normalmente inseguiamo, per un attimo abbiamo trovato la felicità nell’unico luogo in cui abita stabilmente: dentro di noi.

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Il paradiso c’è; felice chi ci crede. Una sola attrice: è Finding Happiness

Martedì, 18 novembre 2014
di Titta Poli

A Roma, Milano e Torino il docu film sulla comunità ispirata da Swami Kriyananda e con l’obiettivo di diffondere con il linguaggio cinematografico il suo messaggio di spiritualità. E’ prodotto da Roberto Bessi per Bolero

“Passiamo tutta la vita a scavare nel fango e pensiamo che il mondo sia tutto sporco” e invece non è così. Bastano un manciata di giorni a Juliet, giornalista d’inchiesta di New York, per fare la scoperta che cambierà la sua vita, aprendole nuovi orizzonti e facendole intravedere la felicità.

Un viaggio dallo scetticismo alla trasformazione interiore per raccontare una realtà inimmaginabile: la vera vita nei villaggi delle comunità Ananda, il movimento spirituale fondato da Donald Walters, meglio conosciuto come Swami Kriyananda, discepolo ed erede del grande maestro indiano Paramhansa Yogananda.

Forte di nove comunità sparse sul pianeta, tra cui quella di Assisi in Italia, centocinquanta gruppi di meditazione dalla Nuova Zelanda all’Africa, passando per il quartiere Prati di Roma, Ananda – che significa “gioia” – lancia la sua sfida, anche culturale, e spedisce nelle sale cinematografiche “Finding Happiness”, un lavoro che è il coronamento di un sogno, il desiderio di diffondere con il linguaggio cinematografico il suo messaggio di spiritualità.

Diretta da Ted Nicolaou, prodotta dall’italiano Roberto Bessi, produttore di numerosi film con star hollywoodiane, e Frank Hildebrand, la pellicola verrà distribuita da Bolero Film da giovedì 20 novembre al cinema Barberini e dal 27 novembre al Teatro Apollo di Milano e al Greenwich di Torino.
Girato quasi interamente nell’Ananda World Brothehood Village in California, il film è in realtà un docu-film che, attraverso una struttura narrativa e linguistica fin troppo semplice, dipinge il ritratto di un ideale di vita raggiungibile perché, dice Swami Kriyananda, “ciascuno è capace di scegliere la vita che vuole. Quanto tu cambi, tutto il tuo mondo cambia”. Un villaggio dove uomini e donne convivono in modo armonioso, appagante, tollerante e sostenibile, grazie alla tecnica della meditazione e ai valori più preziosi ispirati dalle diverse religioni, dal Cristianesimo al Buddhismo, all’Induismo. Una specie di paradiso terrestre dove tutto sembra rose e fiori, dove ci si riesce a comprendere, ad aiutare, dove si vive dei prodotti della terra, senza sconvolgere il ciclo della natura.

Ciascun personaggio interpreta se stesso, a partire dalla guida spirituale Swami Kriyananda, scomparso nel 2013, appena in tempo per veder realizzato il film. L’unica attrice è Elisabeth Rohm, la reporter Juliet Palmer, che dopo l’indimenticabile esperienza sulle colline della Sierra Nevada, sarà una persona diversa.

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Sintonia con gli altri, meditazione, aiuto reciproco, la vita bella in piccole comunità

di Daniela Giammusso, ANSA it

Ad Assisi nel villaggio Ananda si sperimentano altri modelli di vita, Finding Happiness, come il film che li racconta

FINDING HAPPINESS

Dio è nella bellezza e in ognuno di noi. Non c’è mai una sola risposta alle nostre domande. E chiunque può avere la vita che vuole, perché quando tu cambi, tutto il tuo mondo cambia con te. Si può forse partire da questi tre principi per capire lo spirito delle comunità dell’Ananda World Brotherood Village. Un piccolo universo fondato negli anni Sessanta dal maestro Swami Kriyananda, dove vivere secondo lo spirito dello yoga e dell’armonia con ciò che ci circonda, che oggi conta 1200 residenti fissi in 9 comunità tra Stati Uniti, India e in Italia, ad Assisi, più 150 gruppi di meditazione, dall’Africa alla Nuova Zelanda.

E che ha già ispirato due film: ”Finding Happiness (Vivere la felicità)”, in uscita in questi in giorni al cinema e in dvd (al Barberini di Roma dal 20 novembre, all’Apollo di Milano e al Greenwich di Torino dal 27 e a febbraio a Bologna, Firenze, Bari e Catania) e ‘‘The answer’‘, atteso per il 2015. ”Come si vive nelle Comunità? Yogananda diceva che ‘troppe regole rovinano lo spirito”’, racconta Shivani Lucki, una delle pioniere delle comunità, da 30 anni ad Assisi insieme a suo marito. ”Le uniche due regole – dice – sono niente droga e niente alcool. Poi abbiamo delle linee guide, che ognuno è libero di seguire”.

Comunità non religiose ma spirituali, le cui pratiche si basano su antiche scienze dell’autorealizzazione, le Ananda nascono nel 1968 quando l’allora ventiduenne Swami Kriyananda (1926-2013), al secolo J. Donald Walters, futuro ispiratore dei principi internazionali dello Yoga , autore di 150 libri e 400 brani musicali, fotografo, linguista, poeta, comprò un pezzo di terra nel verde delle colline della Sierra Nevada in California, per fondarvi la prima Colonia di Fratellanza Mondiale. A guidarlo, i due principi imparati appunto dal maestro Paramhansa Yogananda (l’autore di ”Autobiografia di uno yogi”): ”il cambiamento inizia dentro di noi” e ”il nostro ambiente influenza grandemente la nostra ricerca della felicità”.

Ed è proprio la felicità la chiave di tutto. ”Ad Assisi – racconta il responsabile della comunicazione, Paolo Tosetto – oggi vivono stabilmente 120 persone, più una ventina di bambini. Non è un caso che sia stata scelta proprio quella zona. Era già un luogo speciale, pieno di spiritualità. Nelle Ananda – prosegue – chiunque è libero di venire, restare, andare via. Se si viene, vuol dire che si ha bisogno”. Nel trionfo della bellezza della natura, l’attività principale, prosegue Shivani Lucki, ”è la meditazione, nella quale ci confrontiamo con noi stessi e capiamo che nella vita esistono tantissime prospettive. Piuttosto che abbattersi davanti a un problema, meglio domandarsi: ‘cosa sta cercando di insegnarmi la vita attraverso questo conflitto? Così si crea anche una sintonia con gli altri. Siamo diventati proprio fratelli e sorelle, sappiamo di essere lì gli uni per gli altri”. Niente ”governo centrale” ne’ attività obbligatorie (ognuno sceglie il livello di partecipazione di cui sente l’esigenza), all’interno delle Ananda esiste tutto, dai negozi alla mensa comune, dal centro medico e di ricerca (importanti brevetti sono usciti dalle comunità americane), ai campi coltivati biologicamente, dalla scuola per i bambini dove si studia ma soprattutto si viene invitati a scoprire il proprio talento, fino ai corsi di Kriya Yoga per chi vuole entrare solo per un week end di relax. ”Nessuno ti chiede di che religione sei – aggiunge Tosetto – Dio può essere vissuto in qualsiasi modo. Noi sappiamo solo che chi viene da noi, vuole in qualche modo trasformare la sua vita. E le nostre porte sono sempre aperte”. I residenti, poi, possono scegliere se vivere in una casa propria o condividerla con altri. Non si rinuncia ai propri beni, ne’ al proprio lavoro (che sia al servizio delle esigenze della comunità o all’esterno). Il tutto nella ferma convinzione, come profetizzò Paramhansa Yogananda, che le piccole comunità saranno l’unico modello di vita possibile nel futuro, proprio perché basate su conoscenza e aiuto reciproco. ”E’ ovvio che le grandi città non potranno continuare ad espandersi”, spiega Shivani Lucki. ”Vivere insieme poi – incalza Tosetto – ha molti benefici. Ci si conosce, ci si aiuta e ci si sente protetti. Banalmente, si risparmia: basta un unico contatore, 3 lavatrici e non 15. La Comunità poi ha cura dell’ambiente e del territorio. E quando si vive bene, ci si ammala di meno. In questo modo la vita diventa un capolavoro”.

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Ananda, sperimentare una vita semplice con alti ideali

Come la reporter Juliet del film “Finding Happiness” ci siamo recati in una comunità fondata da Swami Kriyananda. Quella di Assisi
Fonte: IlVelino

Ananda, sperimentare una vita semplice con alti ideali

Un’esperienza molto personale ed intensa. Questo è il frutto di un weekend nella comunità Ananda di Assisi. Sulle orme della reporter Juliet che nel film “Finding Happiness” di Ted Nicolau si reca in una comunità Ananda per un reportage che intitolerà “Le città della luce. La speranza del futuro”, lo scorso fine settimana si è andati ad incontrare la comunità Ananda di Assisi. L’accoglienza è stata a braccia aperte. Erano tutti sempre presenti ma in punta di piedi per farci vivere un’esperienza intima, attraverso lo yoga, la meditazione, il canto, gli incontri e le passeggiate. Un passo indietro per chi non avesse visto il film. Le comunità Ananda sono state fondate da Swami Kriyananda e sono presenti in tre continenti dal 1969. È una storia che comincia nel 1920 quando lo Yoga arriva negli Stati Uniti, nella figura di Paramhansa Yogananda, il cui libro “Autobiografia di uno yogi” attirò l’attenzione di J. Donald Walters, poi Swami Kryananda, che volle incontrarlo di persona e che ebbe il privilegio di seguirlo da discepolo. La missione di Yogananda includeva due punti chiave che influenzarono fortemente Swami Kryananda: “il cambiamento inizia da dentro di noi” e “il nostro ambiente influenza grandemente la nostra ricerca della felicità”.

Yogananda ebbe la visione di luoghi dove le persone avrebbero messo in pratica questi principi e li chiamò “Colonie di Fratellanza Mondiale”. Nel 1968 Swami Kriyananda fondò la prima di queste comunità nei pressi di Nevada City in California, sulle colline della Sierra Nevada. Oggi sono 9 le comunità per un totale di 1200 residenti. Noi ci siamo recati nella comunità di Assisi che ne ospita 120. Ci sono una scuola di 23 alunni, campi con colture biologiche, una casa editrice ed un’Accademia d’arte. Nella galleria che precede lo studio degli artisti si possono ammirare tutte opere che conducono per mano verso la Luce. Tra queste colpisce l’Occhio spirituale, che rappresenta il viaggio interiore dell’anima nella Coscienza cosmica. Ananda si propone come “alternativa positiva all’avidità”. La pratica dello Yoga e la ricerca della propria spiritualità, che non è religione, ne sono i punti chiave. Ma in una comunità dove c’è un tempio con un altare con più immagini sante, possono trovare un posto anche gli atei? Swami Kryananda, a chi gli confessava che non credeva in nessun Dio, diceva: “Pensa alla cosa più bella per te, quella è il tuo Dio”.

Trascorrere un po’ del proprio tempo ad Ananda è regalarsi un ritiro spirituale. Ognuno fa il suo viaggio interiore, ma nessuno è solo. Tutti sono vicini, indipendentemente dalla religione che si professa e dalla cultura cui si appartiene. Ci sono momenti di comunione, ma ognuno è libero di viverli coi propri tempi. Anche il cibo – si segue una dieta vegetariana e, per alcuni, anche vegana – può essere consumato insieme, e farlo assume una valenza speciale. In un mondo frenetico in cui si mangia in fretta, spesso anche davanti ai computer, fermarsi ad assaporare il cibo dando valore alle sue proprietà nutrienti, consumandolo talvolta in silenzio, riporta ad apprezzare i momenti semplici e vitali dell’essere al mondo. Ed è il vivere a contatto con la natura, nella semplicità e nell’intimità del proprio essere, che dona uno stato di felicità. Stare anche un solo weekend ad Ananda allontana le ansie e le preoccupazioni della nostra società. Regala un approccio alla vita del “qui ed ora”, presenti e consapevoli di se stessi, senza guardare al passato o al futuro, ma amando quello che sei e quello che vivi adesso. Ananda invita a sperimentare una vita semplice con alti ideali. E ti avvolge con suoni, profumi e fasci di luce. Questa esperienza può durare un weekend o tutta la vita. Perché Ananda è un luogo, ma anche un modo di vivere.