Una scettica rapita da Finding Happiness

Sunday Siyabi
11 Novembre, 2014

Io sono una scettica, di quelle toste. Alla parola Guru, mi si alza il sopracciglio. La mente mi rimanda subito a quella che Dan Harris nel libro 10% Happier chiama la “Happiness Inc.”,il business della felicità. Oppure, a un film divertentissimo, The Love Guru, dove l’appunto Guru dell’Amore sforna preziosi consigli quali “Ti fa soffrire quando lo fai? Non farlo!”, o “Se sei felice e tu lo sai, pensaci ancora!”.

Sono stata invitata al cinema dall’amica Daniela. Pur conoscendo il mio scetticismo, Dani ama trascinarmi nelle sue avventure spirituali e meditative, forse sperando di sanarmi una volta per tutte. E così eccomi qui, in una giornata di pioggia, davanti al cinema Greenwitch di Torino, in attesa di vedere “Finding Happiness – Vivere la felicità”, un docu-film sulla comunità spirituale Ananda World Brotherhood Village, nel Nord California. Una giornalista riceve l’incarico di scrivere un articolo su questa comunità spirituale: inizialmente scettica, finirà col cambiare idea sulla sua stessa concezione di vita dopo avere incontrato il fondatore, Swami Kriyananda, e le persone che, seguendo i suoi insegnamenti, da quasi quarant’anni hanno scelto un cammino diverso dal resto del mondo (da mymovies.it).

Per leggere l’articolo completo vai qui: http://www.toohappytobehomesick.com/possiamo-davvero-fidarci-di-un-guru/


Una bussola verso la felicità

Giulia Calligaro, giornalista
4 Novembre, 2014

Dal finale delle fiabe che ci leggono da bambini, pare cosa fatta: vivremo felici e contenti. Poi però si cresce e la vita non è una favola. Da quel momento, dallo scontro con la realtà, inizia la ricerca spasmodica della felicità, come una nostalgia della terra senza male che abbiamo perduto.

Ma cos’è la felicità? Intorno a noi abbondano copioni di felicità preconfezionata, e molti di noi passeranno forse anche di lì, perché la paura e il disagio a essere diversi ci farà chiamare per un tempo felicità il seguire orme già tracciate. E così ci si ritroverà a cercarla nelle aspettative che altri hanno per noi, quindi a disperarci perché non pare essere mai una felicità adeguata, mai della nostra misura. Alcuni, allora, non potranno non ascoltare la spinta interiore a diventare pionieri della propria vita: a cercare il senso unico e irripetibile della propria venuta sulla Terra.

E qui inizierà la vera ricerca… Ero in mezzo a tutte queste domande quando sono arrivata per caso – ma io non credo al caso -, ad Ananda Assisi. E quello che vi ho trovato non sono state parole belle e teorie astratte: ma un’esperienza concreta di vita e di luce, un orizzonte saldo di gioia verso cui indirizzarmi ogni volta che il buio fosse tornato. Ed è questo orizzonte quello che io chiamo felicità, quella che ho cercato per tutta la vita come una bussola verso cui orientare i miei passi. L’unità di misura della vita, che dà senso anche al dolore dentro un più ampio disegno. Ho portato dunque questa lezione nella mia vita, e ad Ananda, ogni volta che torno, ora so di ritrovare una grande famiglia, creata da Swami Kriyananda sugli insegnamenti di Paramhansa Yogananda, per condividere alcuni profondi semplici valori, che sono tutto quello che è realmente necessario ad essere felici: una famiglia fondata sulle qualità divine che sono tutte dentro di noi.

Questa è la bella notizia: la felicità è dentro di noi. Vedendo ora il film, lo dico subito, mi sono molto commossa. Mi sono anche identificata nel viaggio tra la città e la vita comunitaria e ho di nuovo provato quell’incredibile sensazione interiore per cui le parole e le immagini non arrivavano solo alla vista e all’udito, ma si trasformavano immediatamente in esperienza e vita. Dentro sentivo chiara una voce: è questo che voglio. E sono certa che questo è quello che stiamo cercando in molti, e allora spero davvero che la visione di Finding happiness tocchi quei cuori ancora in ricerca che stanno attendendo una scintilla per trovare la loro strada, la strada della felicità.


Vivere la felicità – un viaggio per scoprire quanto spesso ignoriamo l’evidenza e la semplicità delle cose

Gianlucca Ferri, OptimItalia
17 ottobre, 2014

È un docu-film che ci mostrerà modi di vivere alternativi, realmente esistenti in comunità sparse nel mondo. Il film è stato ben accolto dalla critica e ha suscitato quanto meno curiosità e magari anche voglia di introspezione.

Questo film fa gola. Non fosse altro che per il titolo: chi non vorrebbe Vivere la felicità?! Ma soprattutto fa gola per il fatto stesso che il film è a metà fra realtà e finzione. E allora tanto vale vedere cosa ha da dire in proposito. Vuoi vedere che magari ci scappa, non dico qualche ricetta magica, ma qualche semplice consiglio di buona vita. La parte che attiene alla realtà del film non è poco e riguarda le location: sono reali e sono l’Ananda World Brotherhood Village in California, e i villaggi Ananda in Italia e India.

La trama ci racconta di Juliet Palmer (Elisabeth Rohm), giornalista concentrata a raccontare soprattutto cronache di corruzione, che inaspettatamente riceve il compito (non apprezzato) dal boss della rivista Profiles di indagare su una comunità spirituale nel nord della California. Si tratta appunto della Comunità Ananda, realmente esistente, eredità del grande maestro indiano Paramhansa Yogananda, autore di Autobiografia di uno Yogi, e del suo discepolo Swami Kriyananda, che ha dedicato la sua vita alla creazione di queste comunità di fratellanza mondiale. La giornalista Juliet, che all’inizio si mostra diffidente e distaccata, si ritroverà pienamente addentro una nuova e radicale prospettiva di vita; imparerà ad apprezzarla e soprattutto a sentirla sua, amandola. Il suo non sarà un semplice soggiorno, ma l’occasione per scavarsi dentro, anche brutalmente, e riscoprire cose che in un’intera vita non aveva saputo mettere a fuoco. O forse non aveva potuto.

Insomma, le tematiche affrontate da questo lungometraggio non sono sicuramente nuove, ma forse, se come si dice sono state rese molto bene in questo contesto da docu-film, il tutto potrebbe risultare sicuramente affascinante non poco. O quanto meno apprezzabile: in un solo fugace pensiero spicciolo e sintetico, al limite della superficialità, sicuramente possiamo affermare che quanto attiene alla spiritualità in senso lato della cultura indiana, vedica, buddhista etc. spesso può risultare distante anni luce dal modus vivendi tipicamente occidentale. La maggior parte di noi spesso si ritrova, ahinoi, a districarsi fra tempi accelerati in maniera violenta e ritmi lavorativi ossessivi; insomma, spesso ci ritroviamo in una sorta di spirale negativa per quanto riguarda il nostro stile di vita che, pur riconoscendola deleteria, non riusciamo a modificare, a smussare, ad addolcire.

Finding Happiness (Vivere la felicità), è un film che è stato ben chiacchierato ed ha già avuto qualche importante riconoscimento nella cinematografia internazionale: al Festival Internazionale del cinema e Trascendenza a Brasilia, all’International Film Festival for Peace in Indonesia e allo Spirit Film Festival a Tel Aviv. Ted Nicolaou dirige il tutto; Roberto Bessi e Frank Hildebrand lo hanno prodotto. In Italia sarà distribuito dalla Bolero Film, in esclusiva il 20 novembre a Roma e a Milano. Per quella data cercherò di mettere da parte il mio cinismo pregiudizievole: non è mai scontato, né banale, conoscere nuove prospettive di vita. Nella peggiore delle ipotesi ci si confronta. Tutto qui.